Portici di pace

Un numero monografico sul tema della pace (n. 26) ed una proposta concreta per la costituzione di un ufficio per la pace. Si tratta di uno dei temi forti che ci caratterizzano e su cui rimane sempre vivo il nostro impegno.

Di seguito riproponiamo il dossier di quel numero monografico.

PORTICI DI PACE

Proposta per la creazione di un “Ufficio per la Pace e la Cooperazione Internazionale” presso il Comune di Bologna

Premessa

Abbiamo la consapevolezza che sul tema della pace esiste una grande quantità di iniziative (spesso eccellenti), difficili anche solo da censire, ancor più da selezionare per privilegiare alcuni obiettivi rispetto ad altri, operazione per la quale peraltro non siamo nemmeno titolati. Pertanto la nostra proposta vuole essere soprattutto l’espressione della esigenza forte di “vivere ed operare per la pace” che pensiamo debba pervadere la città ed impegnare in modo prioritario ed irrinunciabile la sua Amministrazione.
Questo documento è quindi aperto al contributo di chiunque sia interessato, nella speranza che, insieme alle proposte ed alla disponibilità e collaborazione di tutti, “Bologna viva davvero di pace e per la pace”. In questo contesto, la scelta da parte di Beatrice Draghetti, candidata alla Presidenza della Provincia mentre siamo in chiusura del giornale, del tema della pace come punto fondamentale ed irrinunciabile del proprio programma, lascia sperare che possa rapidamente emergere un progetto e una attività strettamente coordinata e convergente anche a livello di tutte le amministrazioni locali della Provincia.

L’attualità della pace

Il mondo del quale siamo parte sperimenta con sempre maggior frequenza ingiustizie, squilibri, guerre: i dissesti ecologici, i crolli finanziari, una sempre più marcata chiusura egoistica, l’affievolirsi di un’etica condivisa, gli attacchi terroristici, la costruzioni di muri, le guerre preventive, le guerre dimenticate, i genocidi, le ingiustizie sociali ed economiche sono manifestazioni di un “mondo” che dobbiamo contribuire a migliorare.
La pace, la promozione della giustizia, la costruzione di relazioni solidali devono essere il presupposto e lo scopo ultimo di ogni serio, responsabile e credibile impegno in politica.
La netta e risoluta opposizione alla guerra è solo l’imprescindibile punto di partenza dal quale avviare l’opera di costruzione della pace. Tale molteplice presupposto è messo gravemente in discussione da un terrorismo che vuole scardinare la convivenza democratica, minare il confronto interculturale, esacerbare l’istinto di autotutela nell’ambito di un supposto conflitto di civiltà.
Per noi italiani il rifiuto della guerra è anche dovere costituzionale. La centralità della persona costituisce una delle caratteristiche salienti della nostra Carta. Essa riconosce i diritti inalienabili dell’uomo (sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità) e proclama con sorprendente nettezza il ripudio della guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. E quel “ripudio” della guerra è un rifiuto sia culturale che morale.
Bologna città “di pace “ e “per la pace” deve essere sinonimo di una comunità che privilegia la partecipazione e l’impegno – su un piano di eguaglianza – dei singoli cittadini; che si preoccupa di non alimentare divisioni e contrapposizioni fra le diverse entità – economiche, politiche, sociali – che la compongono; che sa accogliere i diversi e gli stranieri; che rispetta e valorizza, a vantaggio di tutti, le diversità; che suscita la corresponsabilità e la condivisione; che valorizza la solidarietà apprezzando e sostenendo ogni iniziativa in questa direzione; che suscita attenzione verso le regioni del mondo dove permangono condizioni di vita, di disparità, di ingiustizia che originano i conflitti e le guerre; che sostiene e valorizza le iniziative di persone, associazioni, movimenti che si impegnano in un concreto servizio alla giustizia ed alla pace; che sa mettersi “in mezzo” alle situazioni di conflitto; che si fa, a sua volta, promotrice di iniziative di solidarietà e di pace coinvolgendovi la comunità cittadina.
Quello che Bologna riuscirà a fare dovrà diventare un bene fruibile da tutti e capace di rinnovare quel suo “volto spirituale” che tanti suoi cittadini non le riconoscono più.

La vocazione all’incontro e alla mediazione sono un tratto peculiare della “bolognesità”

Bologna si impegna a studiare i conflitti, a mettersi di fianco alle vittime, ad offrire un “portico” sotto il quale far incontrare le parti in lotta. Questo impegno deve configurarsi e strutturarsi come impegno concreto della città, come una iniziativa popolare che è capace di superare gli schieramenti e che sa accogliere i contributi e le sollecitazioni di tanti: la pace è un valore universale ed un’esigenza condivisa non richiudibile né confinabile.
Questo impegno, quindi, sarà un segno condiviso di sintesi culturale e di rinnovata capacità progettuale della nostra città.

Le ragioni di questo impegno nella sua storia

Non si tratta di fare una operazione di superficie o di pura immagine, ma di legare questa scelta alle nostre radici profonde, che segnano la vita comune di Bologna. Innanzi tutto i martiri di Monte Sole. Essi rappresentano una fonte di pace, non solo per Bologna, ma per l’intera Europa.
Non si può pensare al futuro di Bologna e di Bologna in Europa senza pensare a Monte Sole, senza salire lassù, per ascoltare il magistero muto delle vittime.
Al tempo stesso non si può dimenticare la stagione straordinaria di Bologna negli anni ‘60. Le figure del cardinale Giacomo Lercaro e di Giuseppe Dossetti hanno prefigurato una vita nella città non nel segno del conflitto e dello scontro, ma della ricomposizione e dell’unita’. E questo ha avuto un significato profetico in una stagione di duro scontro ideologico, di contrapposizione, di intolleranza. Dunque impegnarsi per la pace, farne il tema primo di una amministrazione pubblica non significa cedere ad una moda, o cercare voti a basso prezzo, ma scommettere sull’identità di questa città, che ha fatto della pace un tema centralissimo in anni non lontani.
Se Bologna non si impegna per la pace, viene meno alla sua vocazione e alla sua storia, una storia e una vocazione che ne rappresentano il patrimonio spirituale più alto.

Le ragioni di questo impegno per poter guardare al futuro

Il tema della pace è anche il grande tema del futuro per ogni comunità civile e, in particolare, per una città del peso di Bologna. Essa non può sottrarsi ad una responsabilità che riguarda il destino dei popoli, la loro convivenza, la loro capacità di riconoscersi e di accogliersi. Pensare Bologna nel futuro dell’Europa e del mondo non significa solamente avviare investimenti, valorizzare le risorse umane, sostenerne l’impegno culturale, ma anche renderla protagonista di una presenza nuova di dialogo e di pace con le città del mondo, che oggi vivono sulla frontiera dei conflitti il drammatico tempo della guerra. Nel tempo della globalizzazione tutti possono fare la guerra, ma è anche vero che tutti possono fare la pace. La pace è questione sicuramente dei governi nazionali e delle grandi istituzioni internazionali ma anche delle città. È possibile creare una diplomazia diffusa, i cui protagonisti siano gli enti locali, capace di produrre azioni e progetti, in grado di anticipare i disegni della politica dei governi e di orientarli, ponendo al centro la questione della pace e della riconciliazione, della equità nei rapporti economici, della giustizia, della libertà vera, della convivenza ambientale sostenibile.
Bologna non può dimenticare la sua responsabilità rispetto alle povertà, alle ingiustizie e ai conflitti: la grande sfida che vuole intraprendere è quella di coniugare i grandi orizzonti e l’amministrazione quotidiana, le scelte votate alla pace universale e l’umanizzazione della vita civica costruendo uno sviluppo civile sostenibile e per tutti.

Una nuova cultura e una nuova prassi di pace

Le linee guida di una nuova cultura e prassi di pace sono al tempo stesso semplici ed essenziali:
1. La guerra non ha più nessuna giustificazione né alcuna legittimità. Quando nella guerra moderna il 90% dei morti sono civili, e di questi il 34% sono bambini, essa non solo mostra la sua radicale immoralità, ma diventa solamente un grande moltiplicatore di odio, che prepara nuova guerra. Davvero la guerra infinita, la guerra dopo la guerra. Ma questa strada porta all’abisso: alla morte della politica e alla morte del futuro. Solo la pace produce sicurezza.
2. Stare nel conflitto dalla parte delle vittime. Sulla pace e sulla guerra c’è un magistero che non è mai ascoltato ed è il magistero delle vittime, degli innocenti, che sono sfigurati dalle bombe, dalle mine, dall’uranio impoverito. Questi non sono effetti collaterali, ma la misura della guerra e il giudizio su di essa. Questo significa porre in atto gesti e parole, azioni e presenze, che siano per le vittime un segno di pace, l’assunzione del loro dolore e la possibilità concreta di un futuro. Le parole devono spiegare i gesti e i gesti devono rendere vere e credibili le parole. È necessario evitare una declamazione della pace, ma anche un attivismo umanitario senza orizzonte.
3. Tra le vittime una attenzione particolarissima deve essere riservata ai bambini, che sono per la loro debolezza le più vittime tra le vittime. Essi pagano sempre il prezzo più alto per la guerra o per la povertà. Impegnarsi sui bambini vuol dire costruire futuro. Se un paese, una città ti affida i suoi figli per essere curati, un ponte si è creato, un dialogo si è aperto. Dare futuro a un bambino è il massimo dell’azione politica, non è un gesto di umanitarismo compassionevole. A Bologna abbiamo tante strutture, tante conoscenze mediche, tanti saperi e tante risorse capaci di ridare futuro e speranza a tanti bimbi che in questo momento vivono solo il dramma del presente senza prospettiva.
4. La cooperazione è lo strumento per eccellenza di questa strategia della pace.
Cooperare significa costruire rapporti di collaborazione con città del sud del mondo, con città che vivono in un conflitto, nella convinzione che cooperare, cioè operare insieme, significa crescere insieme in termini di democrazia, di dialogo e di pace. Anche nelle situazioni di più estrema povertà non è l’assistenza che funziona, nè l’umanitarismo compassionevole, ma progetti di sviluppo, che siano capaci di cambiare la vita dei partner.
Attività economiche, strutture, scuole professionali sono esempi di progetti che già esistono e che devono essere sviluppati, promossi, sostenuti. La cooperazione, la collaborazione e le sinergie devono essere promosse anche fra le città geograficamente più vicine a Bologna, nella speranza che questa prospettiva e questa prassi diventino comuni a tante altre città dell’Emilia Romagna e non solo. Non più le singole città o le singole amministrazioni di fronte ai problemi del mondo ma la rete delle “città per la pace”, nuovo soggetto che non si sovrappone alle istituzioni nazionali ed internazionali esistenti ma si integra procedendo sulle strade che l’alta diplomazia non può percorrere.
5. La Riconciliazione. Le città esistono se si è capaci di riconoscersi e di accogliersi reciprocamente, vivono se sono comunità riconciliate e capaci di riconciliarsi.
Questo è tanto più possibile se sapremo essere capaci di partecipare a progetti di riconciliazione, là dove la divisione e il conflitto sovrabbondano. Le due cose sono strettamente collegate. È vero anche il contrario e cioè se contribuiremo a riconciliare, saremo più capaci di riconciliarci e di vincere le ingiustizie che ci stanno accanto e delle quali siamo corresponsabili.

AREE DI INTERVENTO

La struttura proposta dovrebbe operare nelle seguenti aree:
a) cooperazione internazionale
b) educazione alla pace
c) educazione allo sviluppo sostenibile
d) rapporti con la multiculticuralità assolvendo alle funzioni di seguito elencate.

FUNZIONI

1) COORDINAMENTO
In che cosa consiste: creare le condizioni per far confrontare e collaborare fra loro le realtà istituzionali e del privato sociale, privilegiando un rapporto operativo attraverso: – la costituzione di un “Comitato Comunale per la Pace” composto da rappresentanti del Consiglio Comunale, dei soggetti che compongono l’Albo della pace (associazioni, comitati, movimenti, etc.) e delle istituzioni culturali interessate (Università, enti di ricerca, fondazioni, etc.). Tali soggetti verranno rappresentati in base a regole definite. Il Comitato verrà presieduto dal Sindaco o da un suo delegato. Per garantire la attuazione dei programmi proposti o coordinati da tale comitato (sulla base di progetti presentati e finanziamenti ottenuti dagli enti opportuni) dovrebbe esplicitamente esistere una adeguata imputazione in bilancio ed una struttura operativa dotata di responsabile apicale, funzionario del comune. Il Comitato dovrebbe assicurare un contributo diretto e professionale all’ideazione ed organizzazione di iniziative per la pace in collaborazione anche con i vari Assessorati, l’ufficio Servizi SocialI e coordinandosi con tutti gli altri uffici e settori in qualche modo interessati. – Il supporto alle varie organizzazioni privilegiando un rapporto collaborativo tramite scambi di informazioni e progettazione congiunta degli interventi (laddove possibile), organizzando momenti di confronto con i cittadini, ecc.
Chi deve essere parte del coordinamento:
a) Realtà operanti nel settore dell’educazione alla pace e alla multiculturalità (si potrebbero elaborare pacchetti formativi di educazione alla mondialità in coordinamento tra le associazioni operanti in tale settore e le istituzioni scolastiche prevedendo – in questo contesto – esperienze di volontariato che garantiscono crediti formativi)
b) Realtà operanti nel settore dell’educazione allo sviluppo sostenibile (attivare percorsi di educazione al rispetto delle risorse. Ad esempio: vicino a Monte Sole c’è una famiglia legata all’associazione Terra Memoria e Pace che accoglie giovani nella loro fattoria e insegna a “lavorare la terra”, realizzare il sapone in casa… )
c) Realtà operanti nel settore dell’immigrazione (si potrebbe rafforzare la rete promossa dalla Caritas attraverso la Scuola di accoglienza. Uno dei firmatari della presente proposta ha predisposto un disegno di legge regionale sulle “scuole di lingua e cultura italiana” con l’obiettivo di definire – attraverso un comitato scientifico e in collaborazione con gli assessorati competenti e i rappresentanti del mondo imprenditoriale e sindacale – standard formativi rispettati i quali le scuole di italiano per stranieri possono rilasciare un certificato che venga riconosciuto dalla Regione ma soprattutto dai datori di lavoro. Le scuole dovrebbero non solo curare l’apprendimento della lingua italiana, ma assicurare anche la conoscenza di storia-cultura italiana + informazioni sulla condizione giuridica dello straniero + informazioni sulla sicurezza sul lavoro etc…. Il disegno di legge prevede l’istituzione di un albo regionale e di albi provinciali di queste scuole al fine di promuoverne il coordinamento).
d) Realtà operanti nel settore della formazione a vari livelli ed in particolare universitaria.

2) PROPOSTE PER AZIONI DIRETTE
1. Realizzare il portale web “Portici di Pace”- in costante collaborazione con l’Osservatorio Provinciale sulla Cooperazione Internazionale e con ogni altra struttura simile operante sul territorio locale, ma anche nazionale ed internazionale– che si occupi di censire i soggetti attivi e i relativi progetti in corso nel campo della cooperazione e della educazione alla pace, sulla falsariga di quanto iniziato a fare (in via del tutto indicativa ed incompleta) nella lista acclusa come Mappapace al progetto. Tale portale consentirà tra l’altro la costituzione di un “Albo della Pace” al quale si potranno iscrivere tutte le associazioni e gruppi che operano nel settore specifico e la formazione un nucleo documentario informativo in grado di rispondere on-line a domande sulle iniziative e veicolare documenti, dati, notizie.
2. Creare e gestire la “Casa della Pace”, luogo aperto al pubblico con continuità, soprattutto la sera, che possa diventare uno spazio fisico d’incontro. Al suo interno si potrebbe immaginare una “Sala del Silenzio”, cioè un ambiente dedicato al silenzio e al confronto fra le religioni.
3. Istituire un “Centro di Economia per la Pace” che potrebbe godere a Bologna di un solido supporto istituzionale da parte delle strutture universitarie, mantenendo anche uno stretto contatto con gli studi e le problematiche della globalizzazione. Una specie di centro di intelligenze e ricerche che aiuti a sedimentare i tanti lavori che in questo campo quotidianamente vengono prodotti, con particolare attenzione a quanto elaborato nell’ambiente dei movimenti. A questo si potrebbe affiancare un programma di sostegno a distanza di universitari specializzandi in materie economiche, coinvolgendo le varie istituzioni interessate quali, oltre agli EE.LL., l’Università, le associazioni industriali e di categoria per reperire sedi, risorse, cooperative, etc.
4. Sviluppare un progetto permanente per tutti i cittadini sull’ educazione al risparmio energetico, consumo critico, finanza etica e commercio etico.
5. Lanciare campagne informative volte a combattere il lavoro minorile diffuso nei Paesi Poveri, affermando con forza il diritto di tutti i minori, a prescindere dall’origine geografica, all’istruzione, alla tutela sanitaria, agli affetti familiari. Tale diritto, riconosciuto dalla convenzione sull’infanzia del 1990, è nei fatti negato ed è funzionale al conseguimento di profitti economici sulla pelle dei più deboli.
6. Favorire e garantire nel tempo, in collaborazione con il CD/Lei, l’inserimento lavorativo dei mediatori interculturali e sollecitare la Regione nella approvazione della legge regionale che dovrebbe definire il profilo professionale del mediatore interculturale.
7. Attivare un coordinamento permanente (informativo/informatico) a livello comunale per progetti e attività legati alle adozioni a distanza.
8. Effettuare con continuità e professionalità una attività di consulenza tecnica alle organizzazioni del privato sociale sugli aspetti gestionali, la progettazione di interventi e la ricerca di finanziamenti.
9. Patrocinare iniziative concrete nelle quali la presenza di un soggetto istituzionale può essere dirimente (ad esempio in campo socio-sanitario, iniziative che coinvolgano anche a livello puramente locale direttamente Comune, ASL, Università, Enti di Ricerca etc. possono fare acquisire una valenza ed una efficacia nettamente superiore ad iniziative e progetti proposti ed attuati da associazioni e movimenti).
10. Organizzare manifestazioni e dibattiti pubblici sul tema: Riforma dell’ONU, per sensibilizzare l’opinione pubblica, spiegare come stanno le cose e che cosa si vorrebbe cambiare e come.
11. Attivare un’approfondita indagine sulle ferite di Bologna rispetto al tema della pace: quali sono le aree di conflittualità a Bologna. La pace non interessa solo aree lontane, deve essere dentro e fra noi.
12. Indire una conferenza cittadina per ridiscutere in pubblico l’esistenza ed il ruolo delle ambasciate della città, rivedendo se necessario funzioni e struttura degli uffici per i rapporti internazionali e la collaborazione a tali scopi con Provincia, Regione, Università, CNR, Associazioni Industriali, etc.
13. Ribadire l’adesione (annunciata e poi ritirata dalla attuale Giunta) alla “Carta Europea dei Diritti Umani nella Città” e alle attività di Eurocities e del Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e le Associazioni Pacifiste (Perugia).
14. Favorire il commercio equo e solidale tramite agevolazioni fiscali sui tributi locali per le organizzazioni che assumono la qualifica di onlus come le cooperative sociali.
15. Far predisporre all’assessorato competente percorsi formativi per tecnici municipali cittadini di paesi in via di sviluppo sui temi dell’urbanistica, delle reti tecnologiche, della mobilità e della residenzialità pubblica e privata, in modo da consentire loro di esplicare in maniera più incisiva la propria professionalità al rientro in patria.
16. Attivarsi nei confronti dell’organo competente per consentire – tramite opportuna previsione – la possibilità di accedere a contributi comunali fino alla copertura del 70% del disavanzo per microprogetti di cooperazione allo sviluppo.
17. Verificare la possibilità di estendere anche ai dipendenti comunali la legge 49/87, che consente ai dipendenti statali di poter svolgere periodi di volontariato all’estero.
18. Predisporre un coordinamento ed un servizio per la raccolta ed il censimento e riutilizzo di apparecchiature dimesse, ma funzionanti.
19. Individuare proposte legate all’8 per mille, vedi legge No.68 del marzo 1993, stanziamento riferito ai primi 3 titoli di bilancio.
20. partecipare al Forum italiano delle città per la cooperazione decentrata. La specificità consiste nella capacità degli enti locali di raccordare i soggetti attivi del proprio territorio (associazionismo, ONG, volontariato, piccola e media impresa, istituti di formazione, ricerca e informazione, organismi di pianificazione territoriale, istituti di credito, enti per il commercio, municipalizzate, e strutture di servizio pubblico, comunità di immigrati). Si tratta di costruire con enti omologhi dei paesi in via di sviluppo accordi quadro e progetti di cooperazione ed interscambio in cui i soggetti attivi sopra citati possano svolgere azioni coordinate, integrando le rispettive competenze.

3) PROPOSTE PER AZIONI INDIRETTE
(da immaginarsi in gran parte in collaborazione con l’Università di Bologna che già contribuisce ai progetti di cooperazione decentrata di Regione e Provincia tramite protocollo d’intesa e convenzione ad hoc)
– Rilanciare il protocollo d’intesa teso a rafforzare il contributo degli enti locali e delle regioni alla promozione della cultura di pace e convivenza nell’ambito della scuola
– Contribuire alla promozione di ricerche sulla storia e la cultura dei paesi dai quali provengono i nostri “nuovi” concittadini o con i quali esiste un rapporto frequente di cooperazione internazionale
– Produrre e diffondere gratuitamente contributi ed informazioni su rapporti fra scienza e pace, attivando processi di informazione e formazione sull’etica della responsabilità degli scienziati e sulle grandi ricerche e scoperte, chiarendo l’impatto in termini di contributo alla “pace e non-pace” (vedi Associazione Scienziati Responsabili http://www.bo.cnr.it/www-sciresp/).
– Istituire premi o contributi per tesi di laurea e dottorato sui temi della pace e della cooperazione, estesi anche a studenti stranieri provenienti dai paesi in via di sviluppo
– Invitare amministratori di città dei paesi in sviluppo a frequentare stages di formazione presso la amministrazione comunale bolognese e presso istituti ed enti culturali e di ricerca.

PROPONENTI
Anna Alberigo, Federico Bellotti, Francesca Colecchia, Andrea De Pasquale, Maria Raffaella Ferri, Giancarlo Funaioli, Flavio Fusi Pecci, Pierluigi Giacomoni, Piergiorgio Maiardi
Ringraziamo Massimo Toschi per i preziosi suggerimenti e per l’incoraggiamento, oltre che per l’ attività efficace e significativa che svolge come Consigliere alla pace della Regione Toscana.

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