Il demanio (dal latino dominium, “dominio”, attraverso il francese antico demaine) è, in senso generico, l’insieme di tutti i beni inalienabili che appartengono allo Stato. In moltissime occasioni, in sedi e livelli di programmazione e discussione molto diversi, capita di sentire o fare domande e valutazioni del tipo: ma il nostro demanio è “un qualcosa” congelato, redditizio, insondabile, potenzialmente eccellente, un peso che nessuno vuole, inutilizzato, sottovalutato, etc. In poche parole è immobile o vivo? Pungolati da una recente intervista di Roberto Reggi, ex-Sindaco di Piacenza ed attuale Direttore dell’Agenzia del Demanio, ci siamo posti una domanda ed una riflessione.
Che cosa è il Demanio in Italia?
Molto schematicamente, partiamo da Wikipedia. In Italia, secondo quanto previsto dal Codice Civile art. 822 e seguenti, il demanio è costituito dai seguenti beni: il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (c.c. 2774, Cod. Nav. 28, 29, 692); le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno allo stesso modo parte del demanio pubblico, ma solamente se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi (Cod. Nav. 692 a); gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.
Tali beni possono anche appartenere alle regioni, alle città metropolitane, alle province o ai comuni, costituendo così il demanio regionale, metropolitano, provinciale o comunale, ma sono ugualmente soggetti al regime del demanio dello Stato.
La principale caratteristica dei beni che fanno parte del demanio pubblico è la loro inalienabilità. Essi non possono essere venduti (se non in forza di una specifica nuova legge) e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (Cod. Nav. 30 e seguenti).
Sui beni demaniali si esercita l’uso pubblico, cioè la collettività ne può godere i benefici direttamente (come nel caso delle spiagge o dei musei) o indirettamente (nel caso dei porti o degli aeroporti).
Gli altri beni di proprietà dello Stato e degli altri enti locali non rientranti nel demanio costituiscono il patrimonio dell’ente che, a sua volta, si suddivide in patrimonio indisponibile e patrimonio disponibile.
Che cosa si può fare?
In base alla attuale legislazione, le regioni e gli enti locali possono deliberare sull’uso e la gestione dell’intero patrimonio, in particolare per gli immobili in disuso, non occupati e disponibili, ivi inclusa la possibilità di decidere la vendita, concordare la destinazione, mettere in qualche modo a rendita un immobile o un terreno e/o offrirli per un utilizzo virtuoso per la comunità nazionale e locale.
In poche parole, tutto ciò sembra indicare che davvero il demanio pubblico può/dovrebbe essere una “potenziale grande risorsa”, lo è davvero? Agisce in questa direzione con prontezza ed efficacia?
Senza entrare in alcun dettaglio e senza alcuna polemica, la mia esperienza personale nell’ambito della mia professione di dirigente di un ente pubblico di ricerca, non è stata incoraggiante. Procedure bizantine e carte confuse o perse nei meandri di uffici e del tempo trascorso, tanta buona volontà da parte di funzionari e dipendenti, ma problemi oggettivi a procedere.
Il nuovo piano del Demanio a Bologna
Il 10 novembre scorso, sul Corriere di Bologna è comparsa una intervista di Roberto Reggi, Direttore del Demanio a Bologna, che ha presentato sinteticamente un nuovo piano del Demanio per il patrimonio in disuso, proponendo in particolare fra l’altro la disponibilità dell’area della Stamoto per la realizzazione della “Cittadella giudiziaria”.
Questa idea “rivoluzionaria”, come si è visto nei giorni seguenti, ha sollevato giudizi e polemiche molto forti e contrastanti, e non siamo in grado di esprimere qui un nostro parere, non conoscendo abbastanza il quadro concreto e dettagliato dei tantissimi aspetti coinvolti.
Tuttavia, l’aspetto che sembra incoraggiante, è che nell’intervista il Direttore Reggi ha presentato, seppure nelle linee molto generali, da approfondire e valutare concretamente nella loro realizzabilità (anche parziale per interventi specifici), la volontà di riaprire una revisione-quadro dell’uso di immobili ed aree “per lo sviluppo e per dare servizi ai cittadini… per ridurre la spesa pubblica ad esempio eliminando affitti passivi… sfruttando al meglio le proprietà inutilizzate…” ed indicando interventi specifici su tanti fronti: varie caserme, l’ex-Ospedale militare, la Stamoto, la Staveco, l’ex-cinema Embassy, la bonifica ai Prati di Caprara etc..
Che dire? Il giornalista Fernando Pellerano autore dell’intervista dice “… una rivoluzione”, altri hanno detto, per ora “… molte parole” per di più sbagliate secondo alcuni (vedi Cittadella giudiziaria alla Stamoto). Ci sarà tempo e modo per esprime giudizi. A noi è sembrato tuttavia degno di nota che il Demanio (forse) “sia vivo e lotti insieme a noi”.
Flavio Fusi Pecci
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